Enrico Parodi

Giornalista dell'insolito

 

La scimmia deriva dall'uomo?

 

Hanuman, il re delle scimmie guerriere nel poema indiano Ramayana.

 

 

Talvolta capricciose, spesso feroci, quasi sempre irrequiete e incostanti. Le "Bandar-Log", impietosamente descritte da Kipling nel suo Libro della giungla: sono le scimmie che, a seconda della specie, nella scala evolutiva occupano una collocazione più o meno vicina a quella degli esseri umani. E talvolta li superano in simpatia. In alcuni film di science-fiction, riproposti anche in televisione, le protagoniste erano appunto scimmie, dal comportamento spiccatamente antropomorfico e molto evolute. In tali lavori, ideati tra gli anni '60 e '70, il rapporto tra l'uomo e la scimmia era spesso invertito. Ma i temi fantascientifici, le scene d'azione e i curiosi protagonisti adombravano messaggi a sfondo sociale, all'epoca molto sentiti anche oltreoceano. Non è della trama dei film, però, che voglio trattare, ma di alcune fertili associazioni di idee, dagli stessi suggerite.

L'antichissima "bibbia" dei Quiché‚ popolazione india di stirpe maya, oggi stanziata nel sud ovest del Guatemala, afferma che siano le scimmie a derivare da una razza remota di uomini. E non solo il Popol Vuh (questo è il nome del testo citato), ma anche altre antichissime fonti attestano la medesima involuzione. Il concetto è strettamente collegato a molte ipotesi avanzate dagli studiosi della cosiddetta archeologia spaziale e clipeologia, i quali ritengono possibile l'intervento di extraterrestri, nel nostro pianeta, in tempi remotissimi. Le scimmie sarebbero nate in seguito a esperimenti di ingegneria genetica ante litteram, realizzati da presunti extraterrestri, intesi come espressione di civiltà evolutissime. Il testo tibetano Le stanze di Dzyan è esplicito in questo senso. Fra l'altro questo libro sacro, a cui si ispirò Helena Petrovna Blavatsky nelle sue maggiori opere teosofiche, sembra redatto prima della creazione del nostro mondo. L'originale sarebbe custodito, secondo alcuni, a Sham-Bha-La, la mitica città del Taklan Makan, tra il Tibet e la Mongolia. E' proprio la Blavatsky, su questo tema, a interpretare il pensiero indù, con riferimento al Ramayana, opera epica dell'India. In sostanza, la scimmia viene presentata come un ramo bastardo nell'evoluzione della razza umana. L'uomo sarebbe perciò anteriore alle scimmie.

Alcuni studiosi hanno avanzato, in senso ancora più esteso, la teoria della degenerazione, secondo cui i primitivi non sarebbero dei popoli arcaici, bensì delle razze degenerate. Questa ipotesi è sostenuta anche da alcuni esoteristi, tra cui Julius Evola. Troviamo interessanti implicazioni a quanto affermato finora, nella teoria delle Età del mondo. Queste non coinciderebbero con le epoche progressive e tecnologiche, ma sarebbero involutive, anziché evolutive. A tale riguardo, per l'esoterismo occidentale, la serie più nota è quella di Esiodo, che inizia con l'Età dell'Oro e termina con quella del Ferro. Per l'esoterismo orientale la più conosciuta è quella induista, jaina, buddhista, delle quattro ere dette yuga.

Un esponente della scienza, il biologo Giuseppe Sermonti di Roma, evidenzia come i fossili di uomini (cioè di ominidi, molto vicini all'uomo: bipedi a stazione eretta) risalgano a oltre cinque milioni di anni fa. I fossili di scimmia (scimpanzé, gorilla e orango) sono invece recentissimi, in proporzione ai precedenti: appena alcune centinaia di migliaia di anni. Si deduce che, se le scimmie appartengono alla specie più recente, non possono aver originato una specie più antica. Probabilmente, però, il tutto va inserito in un quadro più ampio, proprio nel concetto di cicli evolutivi, questi a loro volta compresi in un insieme ancora più ampio, quello che gli orientali definiscono Mahayuga. E via via sempre più estesi, fino a formare il Kalpa, il lungo giorno di Brahma.